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Prima di tutto, facciamo un po’ di chiarezza…
Il CORONAVIRUS è comparso nel mondo da pochi mesi e pertanto all’inizio non si conoscevano le modalità di trasmissione ed i rischi correlati; oggi le conoscenze sono maggiori e possiamo dire che le caratteristiche principali siano:
Trasmissibilità-> similare ad un virus influenzale e pertanto molto difficilmente contenibile.
Sintomatologia-> nel 80% dei casi simile ad una leggera influenza. In un 20% dei casi ci sono problemi legati all’insorgenza di una Polmonite virale che risulta comunque meno grave di una Polmonite batterica.
Che cos'è un coronavirus?
I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS).
PREMESSA IMPORTANTE!
La diffusione del nuovo coronavirus SARS-CoV-2 O COVID-19 è in continua evoluzione, i dati si accavallano e spesso sono fonte di fake news e informazioni del tutto incontrollate, FAI ATTENZIONE A TUTTO QUELLO CHE LEGGI!
Il contenuto di questo articolo è stato preso direttamente da un documento redatto dal Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano quindi contiene dati reali e verificati.
Per chi è più pericoloso il coronavirus?
In alcuni pazienti, con patologie polmonari pregresse o comunque già affetti da patologie debilitanti gravi (ad esempio tumorali), la polmonite virale può portare gravi conseguenze. Al momento pare che questi casi corrispondano ad un 3,4% dei contagiati, ma probabilmente la vera percentuale è ben più bassa, in quanto non si conosce il numero totale dei contagiati (molti di quelli con sintomatologia lieve rimangono sconosciuti).
Che cosa si sa sul coronavirus?
I coronavirus sono virus a RNA che causano per lo più infezioni non gravi delle prime vie respiratorie. Alcuni però hanno un tropismo per le basse vie respiratorie e causano malattie gravi come la SARS e la MERS. Il nuovo coronavirus 2019 è già stato sequenziato in più laboratori; non si ha ancora certezza sulla specie animale di origine (più probabile una specie di pipistrelli) anche se il mercato all’ingrosso del pesce di Wuhan come partenza del focolaio è accertata.
Come si trasmette?
Il meccanismo principale di trasmissione del SARS-CoV-2 è quello per via aerea attraverso il contatto con i casi sintomatici, è possibile, pur molto meno frequente, la possibilità di trasmissione da un soggetto infetto ma asintomatico. Il periodo di incubazione può raggiungere le due settimane e i sintomi di presentazione non sono specifici, essendo simili a quelli di una sindrome influenzale. Il virus causa una polmonite, con un quadro radiologico sovrapponibile a quello di altre polmoniti virali.
Come si agisce in caso di tampone positivo? Esiste una cura?
La definizione di caso è molto stringente e deve rispettare i criteri stabiliti dal Ministero della Salute. Di fronte a un sospetto di infezione da SARS-CoV-2 l’esame dirimente è la Real Time PCR. A oggi non ci sono terapie dirette contro il nuovo coronavirus e anche l’ipotesi di un vaccino è di là a venire. Il trattamento è quindi sintomatico e di supporto.
Come si previene il coronavirus?
Le misure di prevenzione consentono di abbattere il rischio di contagiarsi in presenza di un soggetto infetto Diverse sono le raccomandazioni per la popolazione, per la quale lavaggio delle mani e cough etiquette (come gestire colpi di tosse o starnuti) sono i cardini da seguire, le persone a contatto con il pubblico e infine gli operatori sanitari, che devono usare gli appositi dispositivi protettivi individuali.
Ma quando si devono lavare le mani?
Le mani vanno lavate spesso, in particolare:
prima e dopo aver cucinato;
prima di mangiare;
prima e dopo aver assistito qualcuno con vomito o diarrea;
prima e dopo aver medicato una ferita;
dopo essere stati in bagno;
dopo aver cambiato il pannolino a un bambino;
dopo essersi soffiati il naso, dopo aver tossito o starnutito;
dopo aver toccato il cibo per animali;
dopo aver toccato la spazzatura.
Cough etiquette
Per proteggere gli altri, in presenza di qualsiasi infezione respiratoria, bisognerebbe sempre coprire naso e bocca quando si tossisce o starnutisce, possibilmente con un fazzoletto di carta o coprendosi con la parte in- terna del gomito. Il fazzoletto di carta va quindi eliminato e occorre lavarsi subito le mani con acqua e sapone.
Cosa dobbiamo aspettarci?
Riportiamo di seguito un articolo di Francesco Costa che, secondo noi, descrive alla perfezione non solo la situazione attuale, ma anche i possibili risvolti futuri.
“Questa cosa non finirà tra quindici giorni. Nemmeno tra due mesi. Non ci sono ragioni razionali per pensare che possa finire presto, nonostante quello che speriamo tutti. Eppure una parte non indifferente del problema è che non sappiamo cosa succederà. Non solo: che non siamo nemmeno in grado di evocare degli scenari possibili.Proviamoci. Partiamo da cosa stiamo facendo adesso.Da una parte, bisogna provare a rallentare l’inevitabile allargamento dell’epidemia. Le parole chiave nella frase precedente sono “rallentare”, “inevitabile” e “allargamento”. Il nuovo coronavirus è probabilmente incontenibile, come diventa evidente ogni giorno che passa e come ha spiegato un importante epidemiologo di Harvard: lo prenderemo in tanti (lui dice addirittura tra il 40 e il 70 per cento della popolazione mondiale) e per moltissimi di noi sarà semplicemente un’influenza. Il virus non è stato ancora contenuto davvero nemmeno in Cina, dove sono in vigore da settimane misure di isolamento pesantissime che in larga parte del resto del mondo sarebbe impossibile implementare. Niente ci vieta di sperare in un miracolo, e sarei molto felice di essere smentito, ma credo che possiamo serenamente ammettere che lo scenario più probabile è che il virus continui a propagarsi. Sempre secondo gli esperti, il nuovo coronavirus probabilmente resterà in circolazione per gli anni a venire, unendosi agli altri coronavirus già noti, quelli che ci fanno venire di tanto in tanto la febbre e il raffreddore: noi nel frattempo svilupperemo anticorpi e vaccini, e col passare del tempo saremo quindi sempre meno esposti.Col passare del tempo, però. Non adesso.Il fatto che adesso il nuovo coronavirus sia, per l’appunto, nuovo, lo rende molto contagioso, molto più della normale influenza, perché non abbiamo ancora gli anticorpi per difenderci adeguatamente. Il fatto che attualmente non esista un vaccino allarga ulteriormente il numero dei potenziali contagiati, molto più di quanto avviene con la normale influenza. Siamo tutti molto più esposti al contagio. Il fatto che questo virus sia più aggressivo sulle vie respiratorie della normale influenza, infine, produce un rilevante aumento delle persone che richiedono un ricovero. Il rischio, insomma, è che la somma di questi fattori metta sotto enorme pressione gli ospedali, i reparti di rianimazione e terapia intensiva, come sta già accadendo. Le misure che stiamo adottando in Italia e nei paesi con i focolai più grandi non servono a debellare il virus. Quella nave è salpata. Le misure servono a rallentare l’inevitabile allargamento dell’epidemia: a evitare di ammalarci tutti insieme.
Lo stesso identico numero di contagi, spalmato su un periodo di tempo più lungo, evita che molte persone muoiano.
Dall’altra parte, bisogna provare a evitare che la fuga da un guaio, l’epidemia, finisca per creare un guaio altrettanto grosso, cioè il parziale collasso dell’economia. Chiunque tra voi lavori per un’attività commerciale – come imprenditore o come impiegato – sa che razza di settimana è stata la scorsa settimana. Le aziende grandi e piccole stanno perdendo tanti, ma tanti, ma tanti di quei soldi che è molto difficile immaginare possano essere recuperati tutti quando tutto questo finirà. E siccome questo potrebbe impiegare un bel po’ a finire, nel frattempo molti rischiano di andare a gambe all’aria: vale sia per la profumeria sotto casa che per l’industria di componentistica, sia per il libero professionista che per la compagnia aerea. Con tutti i loro dipendenti, collaboratori, fornitori, e le loro famiglie. Certi danni sono riparabili; non tutti.Siccome siete lettori intelligenti, capite benissimo che non è questione di scegliere tra la propria salute e il vil denaro: si parla in entrambi i casi delle nostre vite. Abbiamo fresco abbastanza il ricordo dell’ultima crisi da ricordarci cosa comporti una grave crisi economica, anche e soprattutto in termini di salute e sofferenze. Di sacrifici, di rinunce, di traumi, di dolori, di disagio, di cure, in certi casi di morte. E quindi in questi giorni viviamo impulsi laceranti, perché la protezione delle nostre stesse vite – intese nel senso più pieno possibile – ci spinge a comportamenti elementari e contraddittori: chiudersi in casa e uscire di casa. Entrambe le cose possono farci bene. Entrambe le cose possono farci male.Veniamo a noi, quindi. I dati e la realtà ci dicono che i contagi stanno aumentando abbastanza da mettere in difficoltà già adesso gli ospedali, nonostante misure di contenimento che nelle regioni più colpite dal virus sono già molto dure. E parliamo comunque di meno di 2.000 contagiati su sessanta milioni di abitanti. La cosa più plausibile è che questo numero continui a crescere. Auspicabilmente non troppo in fretta, ma al prezzo allora di proseguire le misure restrittive adottate fin qui e anzi probabilmente estenderle alle regioni che oggi non ne sono coinvolte, almeno fin quando non dovessimo riuscire a rafforzare la capacità dei nostri ospedali o sviluppare un vaccino. Ma parliamo di molti mesi.Dall’altra parte, quelle misure restrittive e la paura delle persone stanno facendo danni non indifferenti all’economia (e cioè alle persone stesse). Altro che “Milano non si ferma”: capisco le buone intenzioni ma Milano si è fermata, come una buona parte delle due regioni economicamente più rilevanti del paese. La città in cui vivo in questi giorni è abbastanza irriconoscibile, come molte altre; e come in mezza Italia sono irriconoscibili gli aeroporti, le stazioni, i treni. Tutte le cose che di solito fanno le persone che di solito li affollano, non stanno avvenendo. Ci sarà un conto da pagare.In questi giorni siamo tutti epidemiologi e capi della Protezione Civile, e non facciamo altro che discutere di norme e leggi e ordinanze e limiti dei quali non capiamo il senso. Che senso ha riaprire le scuole tra sette o dieci giorni, che senso ha averle chiuse? Cosa sarà cambiato tra una settimana? Perché i bar possono restare aperti ma solo fino alle 18? Perché questo sì e quello no? Perché qui sì e lì no? Il punto è proprio la tensione tra i due obiettivi di cui sopra. Dobbiamo rallentare i contagi ma non dobbiamo fermare l’economia. Dobbiamo essere molto responsabili con i nostri comportamenti, soprattutto se pensiamo di avere dei sintomi, ma non dobbiamo smettere del tutto di uscire di casa, entrare nei negozi, provare un paio di jeans, cercare una nuova tv, comprare un libro. Per quanto non sarà semplice trovare un punto di equilibrio, evidentemente lo troveremo.Provo a semplificare brutalmente. Una possibilità è che il “desiderio di normalità” di ciascuno di noi – e le comprensibili disperate pressioni di chi tra noi soffrirà di più sul piano economico – ci portino piano piano, un giorno dopo l’altro, a diventare un po’ più fatalisti. A uscire di casa un po’ di più e non un po’ di meno, a prendere quel treno, a non rimandare ulteriormente quella riunione. A capire che non ci si può chiudere in casa per sei mesi e decidere quindi di correre qualche rischio, ogni giorno qualcuno in più. Ad allentare le maglie delle misure di sicurezza ufficiali e ufficiose: quelle dettate dall’alto e quelle che ciascuno di noi detta a se stesso. Il tutto a costo di far accelerare il ritmo dei contagi e tollerare quindi, per quanto dolorosamente, un numero di ammalati e quindi anche di morti più alto dell’attuale.Un’altra possibilità è che diventi questa, la nuova normalità. Uscire il meno possibile. Viaggiare il meno possibile. Riunirsi il meno possibile. Rischiare il meno possibile. Il tutto a costo di tollerare l’atrofizzarsi delle nostre vite e quindi, pur di salvarle, anche le dolorose conseguenze che ne arriveranno. I locali chiuderanno. Le attività già in qualche difficoltà dichiareranno fallimento. Molte persone saranno licenziate. Molte persone saranno disperate e arrabbiate, con le conseguenze che possiamo immaginare.Sono entrambi scenari pessimisti, lo so. Ma sono entrambi plausibili. Il punto di equilibrio che troveremo si posizionerà da qualche parte in questo spettro. In qualche modo, scopriremo chi siamo: ognuno di noi e tutti insieme.”
Casi attualmente confermati in Italia
0
Casi Totali
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Casi Attivi
0
Guarigioni totali
0
Gravi condizioni
0
Decessi
L’ importanza della corretta comunicazione
In corso di emergenze infettive, la comunicazione riveste un ruolo cruciale: le autorità sanitarie e i singoli operatori devono sapere quali informazioni trasmettere e come trasmetterle, evitando un approccio dall’alto al basso (top-down), dalle istituzioni ai cittadini, e promuovendo le conoscenze in tutti i gruppi sociali. Tutte le istituzioni di riferimento, accanto a documenti di indirizzo per i professionisti, hanno pubblicato informazioni per i cittadini.
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