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Tartaro: che cos’è?

Tartaro: che cos'è?

Tartaro: che cos’è?

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Il tartaro è uno dei peggiori nemici della salute orale con effetti dannosi sulle gengive. Ve lo spieghiamo con una metafora domestica.

È infatti paragonabile alle incrostazioni che rimangono attaccate alle pentole dopo la cottura. Se i tegami vengono lavati in lavastoviglie entro pochi minuti, l’azione pulente del detersivo e dell’acqua ad alta pressione (lo spazzolino) riesce a rimuovere efficacemente i residui di cibo (la placca batterica). Al contrario, se le pentole rimangono a lungo sporche, le incrostazioni si seccano e si solidificano sempre di più rendendo inefficace l’azione sgrassante della lavastoviglie. Solo un lavaggio a mano che, in metafora, è la pulizia professionale, con specifiche spugne (ossia gli strumenti del dentista) sarà in grado di eliminare le incrostazioni più ostinate.
Così  come non mangereste il cibo cucinato in pentole incrostate e piene di batteri, non dovreste accettare di masticarlo con denti ricoperti da tartaro.

Da cibo a tartaro, la trasformazione

I denti servono per spezzettare il cibo, per renderlo digeribile. Ci permettono di nutrirci: una funzione fondamentale anche se spesso data per scontata.

Ma questa loro funzione ha un prezzo: una parte di questo cibo rimane sui denti e sulle gengive, insieme ad eventuali batteri che il cibo si porta inevitabilmente con sé.
Si ha così formazione della placca che, se abbandonata al suo destino, diventa tartaro.

Cos’è il tartaro?

E’ un insieme di depositi solidi e calcificati; ne esistono di due tipi: quelli sovragengivali che si formano cioè sulla superficie visibile del dente; e quelli sottogengivali, che si formano sulla superficie del dente coperta dalla gengiva.
Spesso, questi materiali si depositano in punti molto difficili da raggiungere, come negli spazi tra un dente e l’altro.
Quest’ultima tipologia di tartaro è la più dannosa perché, passando inosservata, potrebbe provocare danni importanti alla gengiva e all’osso.

Il tartaro è dannoso per i denti?

Di per sé non è assolutamente dannoso o pericoloso.
Il problema è il fatto che sia un materiale molto poroso e crei l’habitat ideale per milioni di batteri.
Sono i batteri che si annidano nel tartaro a creare danni e non li creano direttamente ai denti, ma principalmente alle gengive e ai tessuti parodontali (quelli che trattengono il dente nell’osso).

Se si interviene per tempo, con una seduta di igiene dentale i tessuti tornano sani.
Se però non si interviene subito, i danni diventano irreversibili, con un conseguente “abbassamento” delle gengive che  scopriranno una parte di radice del dente. La radice dei denti non è protetta dallo smalto per cui il dente, in quell’area, è più sensibile, ma è anche molto più esposto al rischio di carie che in questo caso viene definita carie radicolare ed è difficilmente curabile.

Durante una seduta di igiene veloce e poco scrupolosa viene rimosso solo il tartaro sopragengivale, quello visibile ad occhio nudo. Ma viene trascurato il tartaro sottogengivale che, in realtà, è quello più pericoloso per la sua vicinanza ai tessuti gengivali e parodontali.

Ci sono persona maggiormente esposte alla formazione di tartaro?

Assolutamente si!
La maggior formazione di tartaro in alcune persone rispetto ad altre può essere dovuta a diversi fattori che vanno dalla quantità di saliva prodotta, alla diversa composizione della saliva, alle più disparate abitudini alimentari.
Ci possono essere anche condizioni anatomiche particolari che rendono più difficile la rimozione del tartaro, come l’accavallamento dei denti, un’errata masticazione o la presenza di tasche gengivali. La vera differenza però è genetica! Ci sono persone che hanno ereditato una predisposizione alla malattia parodontale, la malattia che colpisce le gengive e i tessuti di sostegno del dente e che una volta veniva chiamata piorrea.
In queste persone anche la presenza di poco tartaro e dei batteri conseguenti provoca infiammazione dei tessuti parodontali, formazione di tasche e danni permanenti alla struttura di sostegno del dente.

Come e dove si forma il tartaro?

Provate a pensare ad un pezzo di pane buttato a terra.
In pochi minuti sarà preda di insetti.
La stessa cosa succede nella bocca anche se tutto ha una dimensione nettamente minore e, quindi, non si parla chiaramente di insetti ma di batteri che, a loro volta, portano al formarsi della placca.
Quando la placca si mineralizza e si indurisce diventa tartaro a causa della saliva, dei fosfati e dei sali calcarei che questa contiene. Si crea quindi una materia naturale, dura e adesiva che si calcifica sui denti e sulle gengive.
Il tartaro si trova maggiormente vicino alle ghiandole salivari presenti sulla parte esterna dei molari superiori e sulla parte interna degli incisivi inferiori.
Prestate quindi molta attenzione alla pulizia di queste zone.

In quanto tempo si forma il tartaro?

La placca si forma in poche ore e la prima trasformazione in tartaro può avvenire dopo 12-18 ore dall’aver mangiato, mentre per essere ben calcificato sono necessari alcuni giorni.
La difesa migliore consiste nell’evitare che si formi – quindi con la prevenzione – rimuovendo i residui alimentari dopo ogni pasto con un’accurata igiene orale domiciliare.
Un’altra arma fondamentale è quella di evitare eventuali danni ai tessuti parodontali, sottoponendosi a sedute di igiene orale professionale periodicamente in base alle proprie caratteristiche e capacità di mantenere pulito il cavo orale.

Ablazione del tartaro – igiene orale professionale

Se effettuata regolarmente, la pulizia professionale in genere può essere eseguita senza anestesia perché indolore.
Al contrario, se viene eseguita saltuariamente su tessuti gengivali infiammati può essere molto fastidiosa.
La seduta standard inizia solitamente con la rimozione del tartaro mediante strumenti ad ultrasuoni che, se usati correttamente da professionisti esperti, consentono la rimozione senza intaccare minimamente la superficie dei denti.
Successivamente, se necessario, si passa anche alla rifinitura delle zone più difficili da raggiungere (ad esempio gli spazi interdentali) con strumenti manuali.
Dopo aver completamente rimosso ogni tipo di deposito, lo smalto potrebbe risultare un po’ ruvido e, per ovviare al problema, si procederà quindi alla lucidatura delle superfici dentali grazie all’utilizzo di una coppetta in gomma e di una pasta lucidante.
Ultimo trattamento della seduta di igiene professionale è la fluoroprofilassi che consiste nell’applicazione in bocca di due morbide mascherine contenenti gel al fluoro con l’obiettivo di remineralizzare lo smalto ed allontanare il rischio di una possibile sensibilità transitoria residua lasciata dall’utilizzo degli ultrasuoni.

Dopo il trattamento

In seguito alla seduta di igiene professionale, i denti sono più sensibili, per due motivi:
– il tartaro, legandosi alla superficie dentaria, danneggia la gengiva ed espone le radici dei denti, che non sono ricoperte dallo smalto e quindi sono più sensibili al caldo e al freddo.
– il secondo motivo è che il tartaro, man mano che progredisce, crea una specie di “coperta” intorno al dente, isolandolo dal caldo e dal freddo. Quindi, quando viene rimosso, si ha la sensazione di avvertire maggiormente gli sbalzi di temperatura. L’aumento della sensibilità dentaria non è comunque duraturo e termina dopo qualche settimana dal trattamento.

Per completare la seduta, l’igienista, insieme all’odontoiatra, valuterà la necessità di effettuare delle indagini radiografiche come le Bite Wing o le radiografie Parodontali.

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